Stiamo assistendo a una crescita globale per questo tipo di strategia. Un parametro utile a comprenderne l’evoluzione è il compenso dei creator, che varia da Paese a Paese. A spiegare qual è l’attuale situazione in Italia è Roberto Esposito, Ceo di DeRev, che riflette sulle caratteristiche del mercato nostrano, evidenziandone le tendenze.
Fare l’influencer marketing paga. Ma quanto esattamente? Ci pensa DeRev a rispondere a questa domanda. L’agenzia, fondata da Roberto Esposito nel 2012, si occupa di strategia e identità digitale, fintech e crowdfunding, community engagement e comunicazione sui social media. Dal 2021 pubblica un listino annuale dei compensi dei creator in Italia che, nel tempo, è diventato un punto di riferimento per il nostro mercato.
Mercato e compensi: lo stato dell’arte in Italia
Dal report di DeRev di quest’anno emerge che il 2023 ha visto la conferma della caduta di Facebook (-13%), dove la progressiva scomparsa dei creator riflette l’andamento negativo della piattaforma. Instagram, invece, mantiene lo scettro come social di riferimento (+8,6%). Qui la crescita maggiore dei compensi (+14,5%) è per chi ha fino a 300mila follower, mentre è molto contenuta per i mega influencer con una community superiore al milione (+1,8%). Il fenomeno si spiega col fatto che gli utenti si sono stancati di celeb lontanissime e prediligono creator più autentici. TikTok presenta una dinamica opposta: crescono molto (+10,5%) i compensi di chi ha tra 300mila e un milione di follower, mentre calano quelli dei più piccoli.
L’algoritmo consente a molti e facilmente di ampliare la community ed emergere, con il risultato che i brand considerano affidabili soltanto i creator con un numero di follower alto e consolidato. Infine YouTube, pur pagando più di qualsiasi altro social, quest’anno registra una stabilizzazione dei guadagni. Il tariffario è direttamente proporzionato alla crescita globale del mercato dell’influencer marketing: se nel 2021 si è registrato un +15% rispetto all’anno precedente, raggiungendo volumi di circa 280 milioni in Italia, nel 2022 ha raggiunto i 308 milioni di euro nel nostro Paese (16,4 miliardi nel mondo), che equivale a una crescita sull’anno precedente del 10%, destinata a salire ancora. Secondo le stime di DeRev, infatti, il 2023 potrebbe far registrare un ulteriore aumento del 13%, pari a un giro d’affari di 348 milioni di euro.

Uno sguardo dietro le quinte…
Nel contesto di cui stiamo parlando, anche quest’anno comanda il settore Fashion & Beauty, salito dal 15% del 2022 al 25% del 2023, superando Gaming (12,9%), Travel & Lifestyle (12,5%), Sport (12%) Family, Parenting & Home (10,7%) e Health & Fitness, sceso dal 13% al 6,8%.
Perché questo primato?
Ci risponde Roberto Esposito, Ceo di DeRev, osservando che “il Beauty è, insieme al Fashion e ad altri settori simili, quello che si avvale di più di una comunicazione generalista. Per ottenere questo tipo di visibilità mainstream presso un pubblico necessariamente ampio bisogna ricorrere a influencer con community vaste che, di conseguenza, costano di più. È, quindi, una questione economica: aumenta l’investimento perché è più costoso raggiungere quel target”.

Chi ha il coltello dalla parte del manico, fra influencer e azienda, nelle oscillazioni rispetto allo standard di compenso che voi segnalate?
Come per tutti i mercati, si tratta di una negoziazione, dove generalmente i creator emergenti tendono ad andare incontro al brand pur di ottenere le collaborazioni, mentre le celebrity e i creator con più esperienza tendono a imporsi ed essere più esigenti e selettivi, avendo anche una maggiore domanda. Di base, comunque, è il creator a valutare fin dove può spingersi: dipende da quanto sta ancora testando il proprio valore, o se ne ha una discreta certezza.
Cosa si intende per virtual influencer e, in questo caso, si parla ancora di compensi? Se sì, a chi spettano?
Un virtual influencer è un personaggio di fantasia rappresentato da un avatar, spesso con sembianze altamente verosimili. Questo personaggio viene corredato non solo di un’immagine (un volto, un corpo, un modo di vestire), ma anche di una storia di vita, agisce esattamente come se fosse una persona reale. Le regole di posizionamento sono le stesse che per un creator in carne e ossa ed è sempre un creator in carne e ossa che l’ha ideato e lo fa vivere attraverso i propri contenuti, a monetizzare eventuali collaborazioni con i brand. A meno che, ipotesi molto frequente, il virtual influencer non sia stato creato da un’agenzia (che quindi è titolare degli introiti) o addirittura il brand stesso. In quest’ultimo caso, non parliamo propriamente di influencer marketing, ma di un canale di comunicazione proprietario.


Quali sono le differenze fra il mercato italiano e quello estero, in particolare Usa?
Il mercato Usa ha più storia, quindi ci sono molti più professionisti con esperienza alle spalle. Ma la vera differenza sta negli ordini di grandezza e nelle proporzioni – a cominciare dall’audience che, data la popolazione Usa, non ha paragoni con quella Italiana – ma anche in termini di budget. I compensi, quindi, derivano da parametri molto diversi e, proprio per questo, è sorta l’esigenza di un listino tarato sul mercato italiano.
Che peso ha l’influencer marketing in Italia?
L’influencer marketing è uno strumento complementare ad altri che rientra in una strategia complessiva. Sicuramente si manterrà importante, e accrescerà il proprio ruolo, per rapporto al maggiore utilizzo dei social media rispetto ad altri canali, soprattutto se si guardano le generazioni più giovani. Il mercato è cresciuto anche in Italia e, di conseguenza, anche l’investimento da parte delle aziende. Probabilmente ci si aspettava una crescita maggiore ma, in quest’ultimo anno, l’ecosistema dei social media è stato interessato da una serie di novità che, in qualche caso, ha comportato incertezza. Molti brand, con meno solidità alle spalle e budget oculati, hanno preferito temporeggiare e rivedere la strategia.
Avete inserito nel vostro osservatorio anche LinkedIn…
Lo abbiamo chiamato in causa per evocarne un potenziale che, però, non è ancora espresso. La piattaforma nell’ultimo anno ha implementato una serie di novità tecniche e di gestione molto interessanti, adottando il modello conversazionale che è basilare per il dialogo tra creator e community. Vedremo nei prossimi anni se effettivamente una creator economy nascerà anche qui, ma mi sento di dire che ce l’aspettiamo.
Che evoluzione per il futuro prossimo?
Come detto, l’influencer marketing è legato a doppio filo con l’evoluzione delle piattaforme social. Quello che certamente succederà è che vedremo cambiare nel tempo le modalità di collaborazione tra i brand e i creator, le tipologie di promozioni e le piattaforme più utilizzate. Nulla che non accada a qualsiasi mercato che tiene conto delle variabili esterne per reagire ad esse.
