Pur nascendo da un’unica cellula progenitrice, la pelle cambia moltissimo nei vari individui. Da qui la necessità di mettere a punto studi sempre più mirati sulla sua struttura e le sue funzioni, per poi creare skin care “su misura”. Ma prima bisogna aiutarla a difendersi dalle aggressioni esterne, e Shiseido ha formulato Ultimune.
Quali sono i successi, le difficoltà e gli obiettivi della ricerca cosmetica? Per scoprirlo Allure ha intervistato Anna Mandinova, principal investigator biologist al Massachusetts General Hospital dell’Università di Harvard – che ha di recente, siglato un accordo di collaborazione con i laboratori Shiseido – e Junichi Hosoi dello Shiseido Research Center di Yokohama in Giappone.
Da oltre un secolo Shiseido si distingue per il grande valore scientifico della sua ricerca. Cosa la rende così eccezionale?
JH – Shiseido è stata fondata con uno specifico background scientifico. Oltre ai nostri medici e centri di ricerca, disponiamo di ottimi partner come il CBRC (Cutaneous Biology Research Center), con i quali collaborare e scambiarci informazioni costantemente.
Vorrei soffermarmi su questo nuovo accordo di collaborazione, siglato a fine luglio, con il CBRC. Che valenza ha questa ricerca congiunta per Shiseido?
AM – Il CBRC è parte del dipartimento di dermatologia del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School. Shiseido ha offerto un grande contributo alla struttura al momento della sua fondazione, molti anni fa, quando si costituì come istituto di ricerca dell’Harvard Medical School. Al suo interno la ricerca ha un raggio d’estensione davvero molto ampio, che va dallo sviluppo di organi fino al cancro. Tuttavia il focus principale resta la pelle e una gran parte del nostro lavoro si svolge in collaborazione con Shiseido, che ci permette di capire le reali esigenze del consumatore di cosmetici. Da parte nostra, non siamo coinvolti in alcuno sviluppo di prodotto, ma interessati fondamentalmente a ogni aspetto della biologia cutanea, con diversi team che lavorano sulle cellule staminali, l’immunità, la biologia cutanea, il danno ambientale… Il nuovo accordo valorizza, dunque, la collaborazione e ci permetterà di esplorare molti nuovi aspetti della ricerca cutanea, promuovendone comunque l’evoluzione, al di là del successo o meno dei singoli progetti.
Da cosa parte la ricerca e come viene sviluppata sul prodotto?
AM – Come ho già detto, noi di proposito restiamo fuori da qualunque attività di sviluppo prodotto. Nelle vesti di istituzione accademica, lavoriamo sulle domande, le questioni importanti per favorire la realizzazione di specialità di successo firmate da Shiseido. In altre parole, cerchiamo di fornire loro le risposte su cosa succede nella pelle, come reagisce, per esempio, all’esposizione al sole, cosa possiamo fare per prevenire questo danno, magari per guarirlo, e via dicendo.Il nostro unico obiettivo è proprio l’esplorazione, l’ampliamento delle conoscenze, con una pubblicazione scientifica al termine di ogni itinerario di ricerca che rappresenta un tassello aggiuntivo alle conoscenze della pelle da parte di Shiseido e dell’intera comunità.
Quali sono state le vostre scoperte più importanti relative agli effetti del tempo sulla pelle?
JH – Noi comprendiamo che l’invecchiamento cutaneo è causato dall’accumulo di reazioni a diversi tipi di stimoli ambientali: secchezza, radiazioni solari, stress meccanico. Se la risposta della pelle a queste aggressioni è eccessiva o prolungata, dobbiamo riparare il danno conseguente.
Sezionando il viso, cosa rende così diversa la pelle di contorno occhi, labbra e fronte?
AM – La pelle è l’organo più esteso dell’organismo ed è molto complicato, composto com’è da molti elementi, in diverse proporzioni, nelle varie parti del corpo, e in particolare del viso. Per esempio, è stato dimostrato recentemente che l’area perioculare (già di per sé la più sottile del volto) – specie la parte più esterna – possiede un numero molto ridotto di ghiandole che producono i lipidi, ovvero il sebo. Come confermano da un lato la formazione proprio nella zona perioculare delle prime rughe, dall’altro l’assenza di acne. Questo è il risultato di una ricerca pubblicata.Da qui scatta la domanda: come possiamo cambiare questa situazione? La strada da fare resta ancora molta.
Impegnata da sempre nell’ambito della ricerca, Shiseido ha ricevuto tanti award di importanza worldwide. Ma quali riconoscimenti più significativi hanno portato a nuove formulazioni?
JH – Uno dei grandi risultati di Shiseido è stata la scoperta del rapporto tra le cellule cutanee e l’ambiente, che si colloca tra le “top 50” pubblicate sulle riviste di settore. Su queste basi abbiamo creato una cosmetica in grado di prevenire il danno cutaneo dovuto all’ambiente, considerando la pelle come parte di un sistema globale “mente-corpo”. Un patrimonio di conoscenze da utilizzare anche per la formulazione dei prodotti futuri.
Dove sono ubicati i laboratori di ricerca Shiseido e quante persone vi collaborano?
JH – Proprio come il CBRC a Boston, abbiamo centri di ricerca, sebbene più piccoli, anche a New York, in Cina e in Francia. Poi ne abbiamo uno a Yokohama, la seconda città del Giappone dopo Tokyo, in cui lavorano circa 500 persone.
Qual è la vera chiave di bellezza per una pelle?
JH – Io direi che lo skin care è molto importante per le aziende cosmetiche, ma anche lo stile di vita gioca un ruolo determinante: dall’alimentazione al buon sonno, al sapere affrontare le difficoltà con un sorriso….
AM – Senza dimenticare che il danno alla pelle inizia con la prima esposizione all’ambiente, quindi dobbiamo prendercene cura fin da adolescenti. Con il passare del tempo, le attenzioni cambieranno in funzione dell’età, dell’ambiente e dello stile di vita: per esempio, chi lavora di notte deve riservare alla pelle cure diverse rispetto a chi lavora di giorno. Lo stesso dicasi per chi vive a Milano piuttosto che… in Australia. L’importante è che si tratti sempre di una cura costante, quotidiana e consapevole. Perché come si modifica l’ambiente, cambiamo anche noi, a causa delle malattie – alcune delle quali mutano l’omeostasi della pelle dei farmaci che assumiamo, delle manipolazioni a cui ci sottoponiamo…
Quali sono le esigenze specifiche che differenziano la pelle asiatica da quella occidentale?
AM – A tale proposito sappiamo qualcosa, ma resta ancora molto da scoprire. Per esempio, recentemente ho lavorato nel CBRC del nostro dipartimento, scoprendo che le variazioni all’interno di un preciso gene e delle sue comunicazioni con altri geni contribuiscono in modo determinante alla differenza tra le pelli caucasiche e quelle asiatiche. Sia a livello strutturale sia nei follicoli capillari.
L’ultima rivoluzionaria scoperta ha aperto una nuova era con l’immuno-cosmesi. Ci spiega esattamente di cosa si tratta e come funziona?
JH – I più recenti prodotti per la cura della pelle sono studiati per “bloccare” determinati problemi cutanei, come la formazione delle rughe o l’iperpigmentazione o, ancora, la ruvidità cutanea, riattivando le difese cellulari.
Ultimune è il frutto di questa scoperta: quanto tempo ha richiesto la sua formulazione?
JH – Dall’inizio della ricerca sono stati necessari dieci anni.
Qual è stato il punto di partenza?
JH – L’avvio del progetto risale più o meno al 2000, quando sono stato al CBRC, con l’idea di collegare la ricerca ai prodotti. Come già sottolineato, al CBRC conduciamo la ricerca di base, mentre la sua applicazione ai prodotti avviene in Shiseido.
Cosa si aspetta Shiseido da Ultimune?
JH – Ho sentito dire che viene venduta una confezione di Ultimune ogni 18 secondi: un risultato davvero eccellente. Forse perché i consumatori stanno capendo che il prodotto non si limita a risolvere uno o più problemi specifici della pelle, ma li previene tutti.
Quali sfide affronterà Shiseido per essere al passo con le nuove frontiere della ricerca mondiale?
JH – I nostri scienziati stanno lavorando a diversi aspetti, sempre con una parola d’ordine: “Fusion and innovation”.
Proprio per lo sviluppo e la visualizzazione del funzionamento della pelle. Cosa promette la ricerca sulla pelle?
AM – Visto che ogni individuo è diverso e reagisce diversamente agli stimoli ambientali e all’invecchiamento, si andrà sempre più verso cosmetici personalizzati.
In questo ambito, qual è la ricerca che ha comportato maggiori difficoltà?AM – La ricerca cutanea ha fatto passi da gigante, sviluppando discipline come la protomica (lo studio di tutte le proteine della pelle), la genomica, l’interatomica (le interazioni tra i vari componenti cutanei)… La sfida più importante per il futuro – non solo per la biologia cutanea ma anche per la medicina nel suo complesso – sarà capire ed elaborare questa mole di “big data” che stiamo generando.
Ultimune ha la stessa formulazione in tutto il mondo?
JH – Sì, perché tutti hanno la stessa funzione di protezione all’interno della pelle. Ma Ultimune Eye dispone di più ingredienti, proprio perché la pelle nella zona perioculare è più delicata.
Ci sarà un’estensione di linea?
JH – Sì, i consumatori vogliono anche una lozione per il corpo perché il sistema immunitario si estende ovviamente alla pelle dell’intero organismo. In particolare quella delle braccia è più esposta all’insulto ambientale.
Sarà possibile ottenere un unico prodotto performante per tutto il viso?
AM – Ne dubito. O meglio sarebbe possibile, ma non abbastanza efficace vista la rapidità con cui la cosmetica viaggia verso la personalizzazione dei trattamenti.
Cosa la stupisce maggiormente nel suo lavoro?
AM – Il fatto che, nonostante la pelle si formi da una sola cellula staminale progenitrice, le differenze tra gli individui a livello cutaneo siano così incredibilmente numerose, da suscitare quasi… paura nei ricercatori! Ma, nel contempo, questa resta la sfida più affascinante da affrontare nel prossimo futuro.